Tensioni tra Usa e Cina: quali le implicazioni?

A seguito del tour in Asia della Speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d'America, Nancy Pelosi, la Cina ha introdotto sanzioni sul commercio con Taiwan. Di per sé, le sanzioni non hanno un grande impatto economico. Tuttavia, potrebbero segnalare un'accelerazione delle tensioni tra USA e Cina.
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A seguito del tour in Asia della Speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, Nancy Pelosi, la Cina ha introdotto sanzioni sul commercio con Taiwan. Di per sé, le sanzioni non hanno un grande impatto economico. Tuttavia, potrebbero segnalare un’accelerazione delle tensioni tra USA e Cina.

I mercati cinesi hanno tendenzialmente sottoperformato durante le passate fasi di tensioni commerciali con gli Stati Uniti, mentre le mosse per limitare l’accesso della Cina ai semiconduttori potrebbero soffocare la sua economia.

Sul lungo termine, catene di approvvigionamento meno efficienti saranno probabilmente negative per l’economia globale, ma alcuni mercati emergenti ne beneficeranno se riusciranno ad accaparrarsi una quota del mercato manifatturiero. Quelli che ci riusciranno potranno godere di un miglioramento strutturale delle loro economie che, in ultima analisi, sosterrà una migliore performance degli asset locali.

Riemergono le politiche protezionistiche

Il tour di Nancy Pelosi in Asia, che ha incluso una visita a Taiwan, ha fatto salire le tensioni regionali e quelle tra USA e Cina. Pechino ha annunciato che le esercitazioni militari nello Stretto di Taiwan sono terminate, ma che intende effettuare pattugliamenti regolari nella regione.

Finora l’interruzione del traffico marittimo sembra essere stata di breve durata. Tuttavia, poiché si ritiene che circa la metà di tutte le navi portacontainer del mondo passino da qui, è evidente il rischio che la minaccia di ulteriori operazioni militari in futuro abbia un impatto sulle catene di approvvigionamento.

David Rees, Schroders

L’acuirsi delle tensioni geopolitiche hanno fatto riemergere politiche commerciali protezionistiche. Oltre alle esercitazioni militari, Pechino ha anche annunciato il divieto di importazione di prodotti alimentari da Taiwan e di esportazione di sabbia nella direzione opposta. Queste misure non sono di grande portata se considerate singolarmente: il totale delle esportazioni alimentari di Taiwan verso la Cina ammontava solo a circa lo 0,2% del PIL nel 2021 e anche il commercio di sabbia è minimo.

Tuttavia, un’ulteriore escalation delle tensioni commerciali potrebbe avere gravi conseguenze, non solo per Cina e Taiwan, ma anche per l’economia globale.

Le conseguenze globali delle tensioni locali

Dopo tutto, la Cina è di gran lunga il più importante partner commerciale di Taiwan: è la destinazione di oltre un quarto di tutte le esportazioni e il valore aggiunto dei consumi finali cinesi vale circa il 10% del suo PIL.

In alcuni settori, inoltre, la Cina dipende molto dalle importazioni da Taiwan; in particolare, è la fonte di circa un terzo delle sue importazioni totali di semiconduttori. Data l’importanza della Cina per le catene di approvvigionamento globali, c’è il rischio che le tensioni commerciali locali possano avere conseguenze a livello globale, portando a nuove carenze di manufatti.

La scomoda simbiosi tra Cina e Taiwan probabilmente fa sì che nessuna delle due parti incappi in un’escalation di tensioni commerciali tali da provocare effetti simili, ma la decisione potrebbe non dipendere da loro.

Di recente il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato la legge Chips Act, che mira a sovvenzionare lo sviluppo della produzione di semiconduttori onshore e a impedire alle aziende che beneficiano dell’accordo di investire nella produzione di alta tecnologia in Cina. Secondo alcune segnalazioni, l’amministrazione Biden sta anche pianificando un divieto di esportazione verso la Cina di semiconduttori di fascia alta e di attrezzature di produzione che utilizzano la tecnologia statunitense, per soffocare il suo tentativo di diventare autosufficiente.

Tensioni USA-Cina, ostacoli alla performance dei mercati asiatici

Nel breve termine, l’acuirsi delle tensioni commerciali rappresenta un vento contrario per la performance dei mercati finanziari della regione. Ad esempio, mentre i dazi statunitensi sono stati ampiamente inefficaci nel raggiungere i loro obiettivi economici, le azioni e la valuta della Cina hanno registrato una performance negativa durante la guerra commerciale di qualche anno fa.

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Sul lungo termine,le tensioni tra USA e Cina serviranno probabilmente ad accelerare il disaccoppiamento delle due superpotenze. Oltre alle misure statunitensi sui semiconduttori, di recente cinque SOE (imprese statali) cinesi hanno annunciato che si sarebbero delistate dalla Borsa di New York.

Nel frattempo, Pechino ha temporaneamente sospeso la cooperazione con Washington su questioni come il cambiamento climatico ed è probabile che le aziende riconsiderino la localizzazione delle loro catene di approvvigionamento. Un’inversione dell’attuale integrazione potrebbe rendere meno efficienti le catene di approvvigionamento globali, pesando sulla crescita a lungo termine e aumentando le pressioni sui prezzi.

Alcuni mercati potrebbero beneficiare di una spinta sul fronte degli investimenti?

Tuttavia, come abbiamo discusso già nel 2020, altri mercati emergenti potrebbero beneficiare del disaccoppiamento di Stati Uniti e Cina se saranno in grado di accaparrarsi una quota della produzione manifatturiera globale. Dopo tutto, i Paesi emergenti che passano a modelli di crescita basati sulle esportazioni di prodotti manifatturieri godranno probabilmente di una spinta sul fronte di investimenti e crescita della produttività.

In ultima analisi, ciò darebbe luogo a miglioramenti strutturali delle loro posizioni esterne e delle dinamiche dell’inflazione. A loro volta, le banche centrali sarebbero in grado di sostenere tassi di interesse più bassi e, infine, di sostenere rendimenti meno volatili dagli asset locali.

Il Vietnam è già riuscito a conquistare quote di mercato in alcuni settori, ma è probabile che le aziende prendano in considerazione anche quei Paesi emergenti con ampi mercati interni e un’abbondante offerta di manodopera relativamente a basso costo. L’India e l’Indonesia sono due di questi Paesi e il recente impulso alle riforme potrebbe rafforzare la loro posizione.

A cura di David Rees, Senior Emerging Markets Economist, Schroders

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