Federal Reserve tassi
Share on linkedin
Share on email
Share on twitter
Share on facebook
Share on whatsapp

Il rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve a 75 punti base sembra inevitabile

Il dato tanto atteso sull’inflazione americana relativo al mese di giugno è stato superiore alle previsioni degli analisti, +9,1% la variazione rispetto allo scorso anno, il più alto dal 1981. Appare quindi scontato il rialzo dei tassi di 75 punti base alla prossima riunione della Federal Reserve che si terrà a fine mese. Powell riuscirà davvero a non far deragliare in recessione l’economia americana?

Paolo Mauri Brusa GAM SGR Federal Reserve tassi
Paolo Mauri Brusa, GAM SGR

L’inflazione non si ferma, almeno per ora, e fa segnare in giugno un incremento annuale che non si vedeva da oltre 40 anni, +9,1%. Anche il dato mensile è fuori dall’ordinario, +1,3% sul mese di maggio, il balzo più alto in 30 giorni dal 2005. Gli operatori ormai danno per scontato il ritocco dei Fed Funds a fine luglio di +75 punti base, e comincia a farsi largo l’idea di un rialzo addirittura di 100 punti. L’unica opzione a disposizione della Fed è quella di rallentare la crescita economica, così da far calare la domanda interna in misura sufficiente a compensare la scarsità dell’offerta, anche se il rischio è di portare gli Stati Uniti in recessione. Si preannuncia quindi un’estate molto calda per i mercati finanziari, occorrerà monitorare le ripercussioni su consumatori e householders della stretta monetaria. Per il momento le vendite al dettaglio sembrano tenere, anche se il dato di maggio ha fatto segnare il primo marginale calo di questo 2022, fortemente impattato, però, dal crollo del segmento automotive. È invece già evidente l’effetto sui tassi dei mutui, che negli ultimi sei mesi sono raddoppiati. Se è vero che la maggior parte dei contratti sono stati stipulati a tasso fisso, quindi l’incidenza sull’esistente è alquanto ridotta, l’impatto negativo forte si avrà da qui in avanti su tutte le nuove accensioni e quindi a cascata sulla domanda di immobili.

Per fortuna l’inflazione core, depurata da beni alimentari ed energia, pur se superiore alle attese (5,9% vs 5,7%) e lontana dal target della Fed, si conferma in ritracciamento dai massimi di marzo quando aveva toccato il +6,5%. Il calo delle commodities di questi ultimi mesi, fa ben sperare che il trend possa proseguire e che quindi il picco, almeno su questo fronte, sia alle nostre spalle. Allo stato attuale è però difficile pronosticare un ritorno verso tassi della Federal Reserve del 2% in tempi brevi. Le ultime notizie che arrivano dalla Cina sul fronte Covid, purtroppo, fanno temere nuovi lockdown all’orizzonte con conseguenti ripercussioni negative sulle catene di approvvigionamento, ancora lontane dall’essere tornate a pieno regime. In un quadro così incerto, la nuova stagione degli utili sarà ancora più importante del solito per tastare il polso della Corporate America. Dopo un trimestre come quello appena trascorso, con l’impennata dei costi alla produzione, sarà fondamentale valutare l’impatto sui margini, più che sui ricavi, e capire quali sono previsioni per i prossimi mesi. Le valutazioni, dopo la correzione di questo inizio 2022, sono scese anche sui listini americani, ma gli analisti per ora hanno rivisto al ribasso solo in modo marginale le previsioni sugli utili per l’anno in corso e per il 2023. I risultati e la guidance ci diranno, quindi, se gli attuali livelli dei listini sono una buy opportunity o se conviene avere ancora un po’ di pazienza.

A cura di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR

Non perdere le notizie che contano per gli investimenti.
Registrati alla nostra newsletter.