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Nel 2020 converrà ancora investire in bond corporate

Il 2020 renderà agli investitori in bond corporate ancora performance positive, cosi come accaduto nell’anno che volge al termine

La certificazione arriva da Antonio Ruggeri, Gestore del Fondo in Corporate Bond della casa d’affari Syz Asset Management. Certo occorre fare dei distinguo fra i fondi specializzati in credito subordinato e quelli in credito ordinario. Nel primo caso i rendimenti continueranno non solo ad essere positivi ma anche interessanti, diverso è invece il racconto sul credito ordinario dove le performance possono essere, sempre positive ma molto risicate. La finanza è però soprattutto numeri, nessuno conosce con certezza quelli che verranno, tuttavia si può azzardare qualche ipotesi ragionevole sui prossimi 12 mesi. Per quanto riguarda i fondi dedicati al credito ordinario dovremmo essere intorno al 2% mentre per i subordinati è legittimo attendersi anche un rendimento nell’intorno del 6%.

Rendimenti rotondi sui subordinati
Ma cerchiamo di capire come si arriva a questi numeri. Il rendimento di un fondo obbligazionario corporate può essere scomposto in una parte legata alla variazione del prezzo dei bond e in un’altra legata alle cedole dei titoli che si detengono in portafoglio.

Le obbligazioni subordinate pur essendo qualitativamente peggiori di quelli ordinarie hanno beneficiato ugualmente della compressione dei rendimenti dovuta alla manovra ultra-espansiva e non convenzionale della Banca Centrale Europea nota come Qe. Ciò nonostante nel corso del 2020 grazie alla presenza della Bce sul book dei bond qualitativamente migliori è possibile attendere un ulteriore apprezzamento, grazie ad un effetto a cascata anche sui subordinati. L’ordine di grandezza dovrebbe aggirarsi nell’intorno dell’1,5%.

I bond subordinati possono invece contare sul fronte cedolare di flussi ancora molto interessanti considerando il resto del mercato. Dovremmo essere su valori vicini al 4,5%. Non è fantascientifico quindi attendersi per il 2020 rendimenti vicini al 6% magari anche 5% considerando uno spostamento dei prezzi più ridimensionato.

Ma c’è qualche nome in particolare che attrae il gestore? “I bancari italiani sono particolarmente interessanti”, ha spiegato Ruggeri, “bond come Unicredit e Intesa per esempio oppure la spagnola Santander”.

Sul Credito Ordinario, rendimenti che conservano il capitale
Passando al credito ordinario la prima componente (quella di prezzo) nel 2020 potrebbe aggirarsi fra lo 0 e l’1%. Questo perché il rally dei prezzi si è ampiamente dispiegato nel corso del 2019 per effetto della manovra di politica espansiva messa in campo dalla Banca Centrale Europea, il Qe2. Gli acquisti della Bce dovrebbero sostenere ancora i prezzi nel corso del 2020 ma la spinta non può essere paragonabile a quella dell’anno di introduzione del secondo Quantitative Easing.

L’altra componente è quella cedolare, su questo fronte i rendimenti sono già molto compressi grazie proprio alle pressioni esercitate sui prezzi sul mercato secondario. Sul primario, in emissione i titoli arrivano già con cedole molto contenute. Per dare qualche numero su questo fronte nel corso del 2020 potremmo essere al massimo fra 1 e 2%. Ecco quindi come come si arriva al 2% di target per il 2020 nel comparto del credito ordinario: 0 e 1% di rendimento per effetto dell’apprezzamento del bond e 1 e 2% di rendimento cedolare.

Un rendimento che tenuto conto della tassazione al 26% del capital gain e delle cedole e dei costi di gestione del fondo consente solo la conservazione del capitale. Fondi di questo tipo potrebbero essere interessanti anche per investitori soggetti a conti correnti con spese molto importanti e aspettative di politica monetarie immutate.

I rischi e le obiezioni
In finanza non esistono purtroppo solo i rendimenti dall’altra parte ci sono i rischi. Quali sono i fattori che potrebbero compromettere quindi queste performance? Partiamo dalla componente prezzi. Più che una salita dei prezzi dei bond potrebbe esserci una discesa, visto che il mercato potrebbe prezzare una fine prematura del Qe. La Germania non è più in recessione, alcuni paesi del Nord Europa (Estonia, Austria, Finlandia, Francia, Olanda e Germania) sono notoriamente contro il Qe, l’Olanda ha fra l’altro un’inflazione abbondantemente sopra il 2%, il target della Bce.

La nuova Governatrice della Bce, Christine Lagarde, potrebbe non avere la stessa volontà di perseguire una politica ultra-espansiva come il Governatore precedente, Mario Draghi o dall’altra parte pur confermando la continuità potrebbe trovare resistenze insuperabili.

La Bce non ha introdotto il Qe qualche mese fa per eliminarlo nel breve periodo”, ha spiegato il gestore Ruggeri. Quanto alla Lagarde, “vedremo, per ora il problema non si pone”. Il Qe, sempre secondo il gestore, ha il suo fondamento anche nell’attuale quadro macroeconomico. L’inflazione stenta a decollare oltre per i 3 noti motivi (età avanzata demografica, commercio elettronico, globalizzazione) anche perché le economie avanzate sono basate sui servizi più che sulla manifattura.

Quanto ai Subordinati il loro prezzo potrebbe scendere per effetto di uno shock da rischio, per esempio con il ritorno di politiche sovranistiche in Italia (caduta dell’attuale Governo, elezioni anticipate e vittoria di Coalizione Anti Europeista e non Rigorista). Il rischio Italia è un rischio globale. “Al momento”, ha spiegato Ruggeri, “ritengo l’Italia ben prezzata, quindi personalmente prenderei profitto su alcune posizioni, tornare a vedere lo spread sopra i 300 in tempi brevi e con la sequenza di eventi indicati per ora è invece prematuro parlarne”.

Commento a cura di Antonio Ruggeri, Gestore del Fondo in Corporate Bond di Syz Asset Management

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