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La nostra strategia basata sul modello multi-affiliate

Marco Negri, head of southern Europe del gruppo americano, spiega come, grazie alle competenze di nove società di gestione, indipendenti tra di loro, si riesca a coprire sia le asset class più tradizionali sia quelle più alternative. Con l’obiettivo di diversificare e cercare una maggiore specializzazione. E a dieci anni dallo sbarco in Italia…

L’intervista esclusiva a Marco Negri tratta dal numero di novembre/dicembre 2018 di Asset Management.

Esiste da più di un secolo, ma in Italia Legg Mason è sbarcata dieci anni fa. Con la potenza di un gruppo americano che è oggi una delle principali società mondiali di gestione patrimoniale, al servizio sia di investitori privati sia istituzionali, in tutti e sei i continenti. Ma anche con il difficile compito di adattarsi in fretta alle dinamiche e peculiarità del mercato italiano.

Con quali strategie e risultati? Asset Management lo ha chiesto a Marco Negri, head of southern Europe della società.

Quale è il modello di business che caratterizza la vostra società?

Marco Negri. Il nostro modello, che definiamo multi-affiliate, ci permette di avvalerci delle competenze di ben nove società di gestione, totalmente indi- pendenti tra di loro, ciascuna delle quali specializzata nella copertura di asset class e aree geografi che differenti. Tramite questo modello riusciamo a coprire sia le asset class più tradizionali, sia quelle definite oggi più alternative.

Qual è il valore che il modello apporta alla clientela?

Marco Negri. Innanzitutto la diversificazione, geografica e tra le asset class, e al contempo la specializzazione dettata dall’esperienza pluriennale delle singole società di gestione che appartengono alla nostra capogruppo. In secondo luogo l’accessibilità: Legg Mason rappresenta un unico punto di accesso per i clienti di tutto il mondo che desiderano beneficiare dell’esperienza dei nostri gestori. Uno dei temi maggiormente dibattuti da parte dei nostri interlocutori è quello della difficoltà di gestire un numero di relazioni sempre crescente con le case prodotto. Noi puntiamo ad affiancarci ai nostri interlocutori semplificando il processo. Terzo, la contemporaneità. Il nostro modello di business è molto più flessibile di quello di altri competitor. Questo lo rende molto adattabile ai cambiamenti che stanno caratterizzando l’industria dell’asset management.

Si riferisce agli sviluppi apportati dalla normativa Mifid 2?

Marco Negri. Si, ma non solo. Pensiamo ai grandi trend quali la digitalizzazione, l’attenzione ai temi pensionistici, all’accrescimento della cultura finanziaria e alle sfide che riguardano la sostenibilità economica, sociale e ambientale, tanto per citarne alcuni. Il nostro modello ci permette di esplorare questi ambiti, investendo e facendo tesoro delle esperienze maturate nei vari continenti in cui operiamo.

Quali sono i risultati?

Marco Negri. Oggi c’è il tema molto dibattuto degli investimenti sostenibili. Una recente indagine realizzata proprio da noi di Legg Mason evidenzia come, nonostante il grande interesse riscontrato tra i risparmiatori su questi argomenti, solo il 21% degli investitori italiani intervistati abbia compreso che cosa siano esattamente questo tipo di investimenti.

E quindi?

Marco Negri. La nostra affiliata Martin Currie, unica realtà europea del gruppo, fa dell’analisi sui temi della sostenibilità una parte integrante del proprio processo di ricerca e selezione delle aziende da mettere in portafoglio costruendo con il management delle stesse forti relazioni per intervenire in modo costruttivo nell’attuazione di procedure etiche e sostenibili.

L’industria del risparmio gestito e della finanza più in generale sta vivendo un periodo di profondi cambiamenti. Quali sono le sfide e l’approccio che una Sgr deve proporre oggi sul mercato per imporsi?

Marco Negri. Crediamo che le Sgr possano giocare un ruolo chiave non solo come produttori di soluzioni finanziarie predefinite e distribuibili su larga scala ma anzi, come un interlocutore in grado di offrire un servizio ad hoc studiato per le esigenze delle singole realtà con cui operiamo. Le Sgr, in particolare quelle estere, non possono permettersi di essere viste solamente come un mero produttore di fondi preconfezionati.

Che cosa serve?

Marco Negri. Solo ascoltando i nostri interlocutori riusciremo a offrire loro quanto richiesto. Una delle maggiori difficoltà che può incontrare una struttura globale che opera in Italia è quella di tradurre l’esperienza e le competenze che funzionano in altri paesi e renderle disponibili alla clientela italiana. Noi stiamo investendo per eccellere proprio su questo aspetto, lavorando assiduamente insieme ai nostri partner principali, con risultati finora molto soddisfacenti.

Un trend che si sta imponendo sul mercato italiano è decisamente quello del cosiddetto sub advisory o deleghe di gestione a società terze specializzate. Come vi state muovendo a riguardo?

Marco Negri. Anzitutto riteniamo che sia un modello che si sposa perfettamente con la struttura di business di Legg Mason perché ci permette di combinare la nostra presenza sul territorio con le competenze dei nostri gestori. Il modello di delega in sub- advisory è una delle sfaccettature del processo evolutivo del nostro settore e permette a noi di offrire un’elevata qualità nella gestione condivisa con la controparte e allo stesso tempo permette al distributore di razionalizzare la gamma prodotto con maggior focus sul best in class dei propri partner.

Torniamo alla Mifid 2 e ai suoi impatti…

Marco Negri. Molto spesso si semplifica l’impatto di Mifid 2 focalizzando esclusivamente l’attenzione sul tema della trasparenza dei costi per il cliente finale. Ne deriva, spesso troppo facilmente, che la gestione passiva prevale su quella attiva. Noi invece riteniamo che ci sarà una forte attenzione sulla qualità che metterà in secondo piano il dualismo tra gestione passiva e gestione attiva. Pen- siamo ad altri settori. Molto spesso la ricerca affannosa della trasparenza non ha favorito i player con una bassa proposta di valore, ma quelli in grado di eccellere. La selezione naturale nel nostro settore passerà proprio dalla capacità di innovare e di investire sulla qualità off erta ai nostri partner. Nel complesso riteniamo quindi che l’investitore trarrà beneficio sia per la maggiore chiarezza dei costi sia perché potrà avvalersi di soluzioni di investimento più sofi sticate e innovative, capaci di offrire quel valore aggiunto per il quale si è disposti a riconoscere una fee di gestione.

Su quali temi e strategie state quindi investendo maggiormente?

Marco Negri. Se guardiamo alle acquisizioni effettuate dal gruppo Legg Mason negli ultimi anni, è indubbio che il focus sia su strategie e soluzioni definibili alternative nel senso più allargato del termine. Giusto per citarne alcune, abbiamo unito le competenze in ambito private markets di EnTrust con quelle in ambito hedge fund di Permal, dando vita a una nuova realtà che prende il nome di EnTrust Permal. Un altro esempio è l’acquisizione di Clarion Partners, realtà leader nel segmento Us Real Estate e con la quale stiamo collaborando per il lancio di un prodotto lussemburghese a breve disponibile anche ai nostri partner europei e italiani. Ci terrei particolarmente a citare anche l’acquisizione di Martin Currie con la quale stiamo lavorando al lancio e al riposizionamento di nuove strategie flessibili che si andranno ad affiancare a quelle long/short già conosciute e apprezzate dai nostri clienti italiani. Infine non va dimenticato il costante impegno per lo sviluppo di soluzioni innovative da parte delle realtà più consolidate all’interno del nostro gruppo come Western Asset, Brandywine, ClearBridge e Royce.

Legg Mason quest’anno compie dieci anni in Italia. Un traguardo importante. Qual è il bilancio di questa esperienza e cosa prevede per lo sviluppo dei prossimi anni?

Marco Negri. Siamo entrati sul mercato nel 2008, un anno che ha segnato uno spartiacque tra crisi finanziaria e nuovo slancio di un ciclo di mercati positivo che ormai dura da più di 8 anni. In termini di timing è stata una mossa direi coraggiosa da parte della società, che ha sempre supportato e sostenuto lo sviluppo della struttura italiana, che oggi conta sei professionisti, credendo fortemente nel potenziale off erto dal nostro mercato e nella professionalità delle persone che mi hanno affiancato durante questo primo decennio. Siamo molto fiduciosi nelle opportunità di sviluppo che abbiamo davanti, da una parte continuando il nostro impegno nel canale istituzionale e dall’altra nei canali del private banking, dell’advisory e dei fund selector, sui quali puntiamo particolarmente per far crescere la nostra raccolta in Italia, forti anche della certezza che il nostro sia considerato dalla nostra capogruppo come un paese chiave per lo sviluppo del nostro business europeo e internazionale negli anni a venire.

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