Inflazione, perché è così complicata?

Inflazione e affitto

Inflazione, tutti la temono, tanti ne parlano pochi ne comprendono le implicazioni più profonde. Un termine che si rispecchia nella vita di tutti i giorni, ma anche a livelli di investimenti e mercati finanziari. Di seguito riportiamo il commento di Tiffany Wilding, US Economist di PIMCO, che analizza la situazione attuale in riferimento all’economia americana, offrendo una chiara visione delle implicazioni dell’attuale livello di inflzione.

Inflazione: abbiamo raggiunto il picco massimo?

Come previsto, l’inflazione statunitense – sia headline sia core – si è ridimensionata nel mese di luglio, secondo gli ultimi dati dell’indice dei prezzi al consumo (CPI). Se i prezzi globali delle materie prime alimentari ed energetiche continuano a diminuire, il mese di giugno segnerà probabilmente il picco del tasso di inflazione globale su base annua (a/a). Anche il tasso a/a dell’inflazione di fondo sembra pronto a raggiungere il picco, anche se potrebbe non verificarsi prima di settembre, a causa di un allentamento delle strozzature della catena di approvvigionamento, del rafforzamento del dollaro statunitense e del “pass-through” dei prezzi più bassi delle materie prime ai prodotti componenti l’IPC di base (più evidente nella categoria dei servizi di trasporto di base, che include i biglietti aerei).

Il fatto che l’inflazione stia raggiungendo il suo picco e che si modererà non è in discussione. In un sondaggio condotto dal Wall Street Journal fra 75 economisti, tutti e 75 prevedono un’attenuazione dell’inflazione rispetto al livello attuale. Il punto su cui vi è un disaccordo maggiore è la meta finale di tale attenuazione. Sempre nel medesimo sondaggio del WSJ, l’intervallo delle previsioni dell’IPC per il 2023 va dallo 0,0% al 5,3%; per il 2024 non andrà molto meglio, con un intervallo compreso tra lo 0,3% e il 4,1%. Il forte disaccordo è riscontrabile anche nel sondaggio dell’Università del Michigan, dove il 25° e il 75° percentile delle aspettative di inflazione a lungo termine sono i più ampi dalla fine degli anni Ottanta. Il sondaggio della Fed di New York sulle aspettative di inflazione sta osservando un fenomeno simile.

Pareri discordanti sull’inflazione: perché queste differenze?

Cosa sta determinando questa discrepanza nelle previsioni? Sebbene siano molteplici i fattori che influenzano le previsioni, riteniamo che la domanda chiave possa essere riassunta in questo modo: quanto è stabile la tendenza di fondo dell’inflazione? Questa domanda è importante perché, come dimostrano i ricercatori della Fed di Atlanta, la “vischiosità” dell’inflazione è legata alle aspettative di inflazione di una famiglia media. Anche se cerchiamo di misurare le aspettative di inflazione attraverso vari sondaggi, questi ultimi possono rivelarsi degli indicatori distorti e confusi, fortemente influenzati dalla volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia.

Tiffany Wilding
US Economist
PIMCO

Aspettative dell’inflazione sulle famiglie

Poiché il comportamento di acquisto delle famiglie è influenzato dalle aspettative a breve termine e le famiglie sono più inclini a consumare oggi se si aspettano un aumento dei prezzi in futuro, l’aumento dell’inflazione nelle categorie più “vischiose” può indicare che le aspettative di inflazione stanno crescendo, anche se altre rilevazioni sono alquanto limitate. Questa divergenza di segnali sembra verificarsi oggi, contribuendo probabilmente al disaccordo tra le previsioni sulla direzione futura dell’inflazione. L’analisi di una serie di sondaggi sulle aspettative di inflazione suggerisce che le aspettative di inflazione sono cresciute dall’inizio della pandemia, ma l’aumento ha in gran parte ripercorso il declino verificatosi intorno al 2016 (per maggiori informazioni sui sondaggi sulle aspettative di inflazione, si veda la nota della Fed di settembre 2020, Index of Common Inflation Expectations). Nel frattempo, le misure dei prezzi “vischiosi” hanno mostrato una notevole tendenza al rialzo, secondo la Fed di Atlanta, e, con il 5,6% annuo, si trovano attualmente al livello più alto dagli anni ’90 (dal 2008 al 2019, l’inflazione annua nella misura dei prezzi “vischiosi” basata sull’IPC è stata pari o vicina al 2,0%).

Poiché l’inflazione shelter costituisce un’ampia porzione dell’indice dei prezzi “vischiosi” e i prezzi delle unità in affitto probabilmente continueranno a salire, l’inflazione dei prezzi “vischiosi” sembra destinata ad accelerare ulteriormente nei prossimi mesi e a rimanere elevata anche dopo che le altre componenti flessibili (quelle influenzate dagli squilibri tra domanda e offerta legati alla pandemia) si saranno attenuate. Prevediamo che gli Owners’ Equivalent Rents – Fitti figurativi – (la misura CPI dell’inflazione degli affitti) raggiungeranno l’8% entro la fine di quest’anno, rispetto all’attuale tasso del 5,8% e a una media pre-pandemia del 3%-3,5%. Ciò porterebbe l’inflazione degli affitti ben oltre il picco raggiunto negli anni ’80, pari al 6,7% annuo. Per capire perché, si considerino due elementi:

Che ruolo gioca l’inflazione sugli affitti?

In primo luogo, l’utilizzo da parte dell’IPC di costi correnti di locazione anziché di costi di mercato fa sì che la stima dell’IPC ritardi di circa 6-12 mesi rispetto alle tendenze più ampie del mercato degli affitti e degli alloggi. Il CPI stima i canoni di locazione attraverso un sondaggio condotto tra gli affittuari, ai quali viene chiesto il costo dell’affitto che pagano abitualmente. Poiché i contratti di locazione tendono a bloccare gli affitti per 6-12 mesi, la rilevazione 1) ricalca soltanto parzialmente gli affitti attuali del mercato; 2) di solito presenta una minore volatilità se i contratti di rinnovo non si adeguano completamente ai tassi di mercato. Oggi, diverse fonti di dati alternativi suggeriscono che i prezzi del mercato degli affitti si sono adeguati molto rapidamente e, sebbene i contratti di affitto con clausola di rinnovo tendano storicamente a adeguarsi meno rispetto all’attuale valore di mercato, l’entità dei recenti adeguamenti del valore di mercato ha fornito ai proprietari un forte incentivo a pretendere affitti molto più alti dagli attuali locatari con contratti in scadenza.

In secondo luogo, e forse in controtendenza, quando la Federal Reserve alza i tassi, come ha fatto di recente, l’inflazione degli affitti tende ad aumentare di conseguenza, almeno in un primo momento. Questo perché l’aumento dei tassi rende meno conveniente avere una casa di proprietà, spingendo gli aspiranti acquirenti verso il mercato degli affitti; ciò, a sua volta, fa crescere ulteriormente i canoni. Di solito, solo quando l’inflazione dei prezzi delle abitazioni inizia a raffreddarsi – a causa dell’aumento della disoccupazione e della diminuzione della crescita del reddito aggregato – anche l’inflazione del mercato degli affitti rallenta. Oggi, il ritmo di crescita su base mensile degli indici nazionali dei prezzi delle abitazioni non si è ancora moderato rispetto alla frenesia provocata dalla pandemia e si prevede che la Federal Reserve continuerà ad aumentare i tassi di interesse, almeno per i prossimi trimestri, dato che il mercato del lavoro e la crescita del reddito aggregato rimangono forti.

Cosa farà la Federal Reserve nei prossimi mesi?

Perché tutto ciò ha importanza? La mitigazione delle misure relative all’inflazione headline e core, probabile nei prossimi mesi, toglierà pressioni alla Fed; ci aspettiamo che la banca centrale rallenti il ritmo dei rialzi dei tassi nella seconda metà dell’anno. Tuttavia, dato che la tendenza di fondo dell’inflazione CPI sembra ora essere più vicina al 3,5%-4% (ben al di sopra dell’obiettivo di lungo periodo della Fed), non crediamo che i funzionari della Fed dichiareranno vittoria. Inoltre, dato che la misura dell’inflazione dei canoni di locazione a costi correnti del governo tende a ritardare le attuali tendenze del mercato, potrebbero passare dai 6 ai 12 mesi prima che un aumento della disoccupazione e una decelerazione degli affitti di mercato si riflettano nei dati governativi. Ciò aumenta anche il rischio di un atterraggio brusco, poiché la politica monetaria reagisce alle tendenze sfasate dei dati sull’inflazione.

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