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Anche i tedeschi a volte fanno crack

Dopo il buco di 1,9 miliardi di euro di Wirecard, un nuovo scandalo, quello della Greensill Bank, non più in grado di fornire garanzie sufficienti per i crediti concessi, mette in luce l’instabilità del sistema bancario tedesco

 

I Giacomo Iacomino nstabilità e Germania. Due parole che a lungo non si sono mai incontrate ma che ultimamente sono sempre più vicine. Instabilità politica tedesca, con i saluti di Angela Merkel come cancelliera tedesca dopo 15 anni e ancora nessuna figura ritenuta capace di ricevere e soprattutto sostenere la sua pesante eredità. E instabilità del sistema bancario tedesco, messo a dura prova in particolare da due scandali bancari. Il primo in ordine cronologico riguarda Wirecard, società quotata in borsa attiva nelle tecnologie e nei servizi finanziari operante a livello internazionale, costretta a presentare istanza di fallimento il 25 giugno scorso, avviandosi verso la bancarotta causa buco di 1,9 miliardi di euro. Il secondo invece mette sulla lente di ingrandimento Greensill Capital, società finanziaria angloaustraliana da 7 miliardi di dollari con sede a Londra, fondata nel 2011 da Lee Greensill, australiano ed ex manager di banche d’affari Usa come Morgan Stanley e Citigroup, con finanziamenti offerti a più di 10 milioni di clienti in 175 paesi, per circa 143 miliardi di dollari (dati diffusi dalla società nel 2019). Tutto è iniziato il 3 marzo scorso, quando la Bafin, autorità di vigilanza finanziaria in Germania (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht) ha chiuso la controllata tedesca Greensill Bank con sede a Brema perché ritenuta non più in grado di fornire garanzie sufficienti per i crediti concessi. Il peggio insomma che un organo che monitora la stabilità di € 2021 Marzo / Aprile 61 Questi crediti vengono quindi usati per emettere obbligazioni, a loro volta rivendute ad altri investitori.

Uno di questi è Credit Suisse, che, proprio all’inizio del mese di marzo, dopo aver venduto i titoli della società classificandoli come a basso rischio a un migliaio di clienti e operatori, ha congelato quattro fondi del valore complessivo di dieci miliardi di dollari gestiti insieme proprio alla Greensill Capital. La stessa cosa è accaduta con la Gam Holding, in questo caso per un fondo di 700 milioni di dollari. Infine, come anticipato, il 3 marzo la filiale tedesca della Greensill è stata chiusa a causa dei crediti concessi e non garantiti a Gfg Alliance, che tra le altre cose possiede anche 13 acciaierie nel Regno Unito con 5mila persone impiegate. A febbraio la holding aveva comunicato alla banca che se non fossero state rinnovate le linee di finanziamento in essere, poco meno di 5 miliardi di dollari, avrebbe avviato una situazione di insolvenza. Con l’arrivo della tempesta, i pagamenti sono stati quindi sospesi a inizio marzo, per un ammontare complessivo per il Tesoro britannico di un miliardo di dollari di passivo. E così, l’8 marzo 2021 la Greensill Capital ha presentato istanza di amministrazione controllata nel Regno Unito. Mossa che ha messo subito in allerta la Bce: la crisi della società angloaustraliana infatti potrebbe allargarsi ad altri grandi operatori finanziari, ed ecco il motivo per cui l’Eurotower ha chiesto agli istituti di credito del vecchio contiun istituto possa esprimere nei confronti di una banca.

E dire che sul sito internet appaiono slogan come: «La forza è la tua sicurezza» e «Un partner affidabile da generazioni». è successo l’esatto contrario: i clienti infatti, almeno per il momento, non possono riavere i loro soldi. Sarà previsto un risarcimento, naturalmente. Ma il bilancio resta drammatico. Perché i cittadini di una cinquantina di enti locali tedeschi che hanno scelto l’istituto insolvente come sede per investire i soldi dei loro contribuenti, fuggendo così dai tassi negativi applicati da gran parte delle banche (su indicazione della Bce) ora rischiano di vedere andare in fumo oltre 500 milioni di euro. Ancora una volta, in Germania una banca va a sottrarre risparmi privati per finanziare affari opachi, con voci di bilancio “non documentabili”, proprio com’è accaduto per Wirecard, anche se, va ricordato, Greensill non è quotata in borsa (e quindi non ha ingannato eventuali azionisti). Ma quali sono questi affari “opachi”? La controllata tedesca avrebbe concesso prestiti senza garanzie a Gfg Alliance, colosso siderurgico appartenente al magnate indiano Sanjeev Gupta, e alla società madre, la Greensill Capital appunto, la cui principale attività è quella del supply chain finance: rileva crediti che le aziende hanno nei confronti dei clienti per poi incassarli, oppure anticipa i soldi necessari a un’azienda per pagare i fornitori.

Lex Greensill, fondatore di Greensill Capital 62 Marzo / Aprile 2021 nente dettagli sui loro eventuali rapporti con la società anglo-australiana. I giudici di Brema hanno dato il via libera all’istanza di insolvenza per Greensill Bank presentata da Bafin. Il curatore fallimentare? Una vecchia conoscenza del settore: Michal Frege, l’avvocato diventato famoso per aver gestito l’affare dell’unità tedesca di Lehman Brothers dopo il tracollo del 2008. Il buco complessivo generato dalla controllata in Germania sarebbe di 3 miliardi di euro, compresi i rimborsi dovuti ai creditori, che solo parzialmente saranno garantiti dallo Stato: la legge tedesca prevede che i conti fino a 100mila euro siano coperti integralmente tramite assicurazione statale, mentre gli importi superiori vengono ripianati in base agli schemi stabiliti dall’associazione federale delle banche tedesche. Insomma, il sistema della Germania è ben preparato per situazioni del genere. Questo però significa anche che qualcuno, questi soldi, dovrà pur tirarli fuori. E i primi nomi segnalati come “candidabili” per essere coinvolti, secondo i media tedeschi, sono Commerzbank e Deutsche Bank. Entrambi gli istituti si sono limitati al «no comment», ma se fosse così, il rischio è che si generi un effetto a catena non propriamente positivo, una sorta di circolo vizioso: gli istituti finanziari infatti potrebbero scaricare il danno sui correntisti, magari con forme di commissioni più elevate.

Ma nell’occhio del ciclone non c’è solamente Greensill Capital, i cui affari rischiano di coinvolgere concretamente anche il governo del Regno Unito (l’ex premier David Cameron è consigliere del gruppo dal 2018 e stando al Financial Times si sarebbe interessato direttamente presso il Tesoro affinché Greensill potesse ricevere finanziamenti garantiti dal governo nell’ambito dello schema per l’emergenza covid). A rischiare grosso c’è anche la Bafin stessa, e cioè l’autorità di vigilanza finanziaria in Germania, accusata di negligenza e di essersi mossa con colpevole ritardo pur avendo reagito in maniera più tempestiva rispetto al caso Wirecard. Stando però a quanto emerge dalle indagini, già quest’estate erano state segnalate le condizioni a dir poco disastrose all’interno del gruppo Greensill.

Da qui la domanda: perché si è aspettato così tanto prima di farla chiudere? Di sicuro i risparmiatori che rischiano di perdere i loro capitali investiti non potevano conoscere la verità, essendosi appoggiati a enti locali. Ma tra le vittime del sistema ci sono anche soggetti ben più grandi: oltre a Credit Suisse, come detto, da segnalare la società d’investimento giapponese Softbank, già nell’occhio del ciclone per essere ritenuta la «Nasdaq whale» dell’indice tecnologico Usa. E anche una società italiana: la controllata di Gfg Liberty Magona S.r.L. di Piombino. Nel mese di agosto scorso aveva infatti ottenuto un finanziamento dalla controllata tedesca pari a 86 milioni di euro, garantito da Sace, nell’ambito dei sostegni post covid.

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