Guerra Russo-Ucraina, 7 aspetti chiave per gli investimenti

Dopo mesi di crescenti tensioni politiche tra Russia e Ucraina, la situazione alla fine si è sbloccata. Tenendo presente che la crisi a cui stiamo assistendo è prima di tutto una crisi umanitaria, essa ha un impatto enorme sulle dinamiche politiche a livello mondiale negli Stati Uniti, nell'UE e in Asia. Sono già avvenuti cambiamenti di portata epocale, come la decisione tedesca di aumentare la spesa per la difesa, o le discussioni su un’adesione alla NATO della Finlandia. Questi sviluppi avranno un effetto duraturo sull’universo degli investimenti.
Guerra Russo-Ucraina

Dopo mesi di crescenti tensioni politiche, lo scoppio della guerra russo-ucraina. Tenendo presente che la crisi a cui stiamo assistendo è prima di tutto una crisi umanitaria, essa ha un impatto enorme sulle dinamiche politiche a livello mondiale negli Stati Uniti, nell’UE e in Asia. Sono già avvenuti cambiamenti di portata epocale, come la decisione tedesca di aumentare la spesa per la difesa, o le discussioni su un’adesione alla NATO della Finlandia. Questi sviluppi avranno un effetto duraturo sull’universo degli investimenti.

A più breve termine, la prospettiva di un aumento dei prezzi dell’energia e, forse, dei prezzi delle materie prime agricole potrebbe portare ulteriori rischi di stagflazione per le economie di tutto il mondo.

Rischi in tutto l’universo delle commodities

Con il progredire della crisi abbiamo già registrato grandi cambiamenti nelle comunicazioni delle Banche centrali. Poiché Russia e Ucraina sono grandi esportatori di materie prime, metalli e grano, i rischi per l’economia globale si diffonderanno attraverso il commercio connesso alle esportazioni di questi beni e l’inflazione globale. La Russia fornisce il 30-40% delle importazioni di gas dell’UE e il 10% delle importazioni globali di greggio. Russia e Ucraina insieme controllano più di un terzo delle esportazioni mondiali di grano e quasi il 15% delle esportazioni globali di mais.

Tutto ciò riporta d’attualità un contesto da Guerra Fredda, che porterà ad un aumento delle spese militari, e solleva anche la questione dell’indipendenza energetica. Anche se i negoziati dovessero concludersi rapidamente, la pressione sui prezzi del settore della difesa, dell’energia, delle materie prime e del grano si farà sentire molto a lungo. Anche dopo lo shock iniziale dato dallo scoppio del conflitto, probabilmente persisteranno importanti squilibri tra domanda e offerta.

L’Europa è più esposta ai rischi al ribasso

Se prima della guerra russo-ucraina ci si aspettava che la BCE alzasse i tassi di interesse in modo significativo nei prossimi due anni, ora essa dovrà rivedere l’agenda per adattarsi agli sviluppi geopolitici e macroeconomici.

Per quanto riguarda l’inflazione, le crescenti pressioni sui prezzi dell’energia, del grano e dei metalli potrebbero far salire l’inflazione dell’Eurozona tra lo 0,3% e l’1,5%. Il tasso d’inflazione dovrebbe rimanere sopra il 5% su base annua nei prossimi trimestri, con effetti che dureranno fino al 2023.

In termini di crescita vi sono ulteriori rischi al ribasso che potrebbero attenuare l’effetto del rimbalzo atteso nel secondo trimestre. I vincoli al commercio avranno un impatto sia sulla Russia che sull’Europa. L’Europa è più dipendente in termini sia di importazioni che di esportazioni, e anche se l’impatto macroeconomico delle sanzioni dovesse rimanere contenuto, le aziende che fanno affari in Russia saranno gravemente colpite dalle sanzioni.

Due scenari: “impatto limitato” e “rischi di coda di lunga durata”

In uno scenario “a breve termine e dall’impatto limitato”, la crisi ucraina provocherebbe un calo della crescita dell’Eurozona dello 0,3-0,5%, senza però far deragliare il ciclo economico. La crescita annuale si attesterebbe al 3,5%.

Se i rischi rimanessero elevati e le pressioni al rialzo sui prezzi dell’energia non si attenuassero, entreremmo invece in uno scenario di “rischio di coda”, in cui Germania e Italia sarebbero probabilmente le più colpite. In tale scenario la crescita aggregata della zona euro potrebbe calare anche dell’1,7% e la crescita annuale rallenterebbe al 2%.

In questo contesto, i governi reagirebbero con un aumento della spesa di bilancio e sostenendo i consumatori. Potrebbero essere utilizzati i meccanismi europei di finanziamento (ad esempio i SURE e il Meccanismo europeo di stabilità) e per finanziare la spesa aggiuntiva ne verrebbero lanciati di nuovi.

Preservare la crescita

Per quanto riguarda la politica monetaria non si prevedono grandi cambiamenti a medio termine, eccezion fatta per una maggiore flessibilità. Sarà prioritario fornire la liquidità necessaria attraverso programmi di acquisto di asset. La BCE, inoltre, si preoccuperà di preservare la crescita, e perciò le decisioni sui tassi potrebbero essere differite.  Per il momento favoriamo il primo scenario, ma tutto dipende dagli sviluppi geopolitici e dalla durata della crisi. Tuttavia, la situazione potrebbe ancora evolvere in un prolungamento del conflitto armato, con ricadute sull’economia globale.

Il rischio di un conflitto a lungo termine

In passato – ad esempio nel caso dell’Iran – le sanzioni connesse al sistema SWIFT si sono dimostrate molto efficaci. Oggi, ciò implica che la minaccia di uno shock dell’offerta è efficace. Di conseguenza, per le Banche centrali sarà molto impegnativo raggiungere gli obiettivi fissati per l’inflazione complessiva. Negli USA l’inflazione ha toccato il 7,5% a gennaio; perché ritorni ai livelli pre-pandemici (a gennaio 2020 era del 2,5%) sarebbe necessario, fra l’altro, che i prezzi del greggio rimanessero sotto gli $85 al barile per il resto dell’anno e che entro la fine dell’anno i prezzi dei prodotti agricoli scendessero del 20% dai livelli attuali – qualcosa che già ora sembra quasi impossibile.

Sebbene l’economia stia già soffrendo sul fronte dell’inflazione, la traiettoria della crescita per il momento sembra stabile. La Fed dovrà restare flessibile per restare in equilibrio fra crescita e inflazione, e vigilare sui rischi futuri.

Le implicazioni della guerra russo-ucraina

Per chi investe nel reddito fisso

Dal punto di vista del mercato, le opportunità di trovare rendimenti positivi aggiustati per l’inflazione rimangono limitate, a meno di forti cali dell’inflazione. Chi investe nel reddito fisso ha bisogno di alternative. I titoli protetti dall’inflazione rappresentano una garanzia contro qualsiasi fallimento di FED o BCE nel contenere l’inflazione. Se quest’ultima dovesse rimanere alta, gli investitori dovrebbero guardare a strategie alternative come gli hedge fund per proteggersi dall’aumento dei tassi e dall’ampliamento degli spread.

Per gli investitori azionari

In questo contesto, è fondamentale rimanere selettivi e concentrarsi su utili di alta qualità con una buona visibilità. Anche le esposizioni asimmetriche tramite hedge fund e strategie di opzioni dovrebbero aiutare a mitigare il rischio.

A cura di Norman Villamin, Chief Investment Officer (CIO) Wealth Management, e Patrice Gautry, Chief Economist , Union Bancaire Privée (UBP)

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