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Dieci anni per salvare gli Ecosistemi

Quest’anno si apre il «decennio» dell’Onu per evitare la perdita di biodiversità. Per raggiungere l’obiettivo, spiegano da Bnp Paribas Asset Management, serviranno massicci investimenti e verranno create numerose opportunità di business

 

I l prossimo 5 giugno, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, verrà inaugurato «Il decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi», che avrà lo scopo di prevenire, arrestare e invertire il degrado degli ecosistemi di tutti i continenti e degli oceani. Insomma, dieci anni per salvare il pianeta. Ma anche, come fa notare Bnp Paribas Asset management, una grande opportunità. «Secondo alcune stime», spiegano gli analisti, citando The Future of Nature and Business, il secondo report della serie New Nature Economy del World Economic Forum, «il ripristino degli ecosistemi potrebbe creare opportunità di business per 6mila miliardi di dollari e richiedere 2mila miliardi di investimenti di capitale entro il 2030». Ripristinare gli ecosistemi, significa, fra le altre cose, ridurre l’inquinamento dell’aria, degli oceani e dell’acqua, migliorare il controllo degli alimenti, trovare alternative ai metodi di trasporto e spedizione, rendere l’agricoltura più sostenibile e prevenire l’erosione dei terreni. Quali sono gli obiettivi? Il «Decennio» dell’Onu andrà dal 2021 al 2030, che è anche la scadenza ultima per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg).

La perdita di biodiversità compromette il conseguimento dell’80% dei target intrinsechi ai Sdg legati a povertà, fame, salute, risorse idriche, zone urbane, clima, oceani e terreni. Gli obiettivi dichiarati dell’Onu sono: avviare iniziative di successo promosse dai governi o da organizzazioni private per fermare il degrado degli ecosistemi e ripristinare quelli già danneggiati; creare collegamenti fra le opportunità e le iniziative di ripristino degli ecosistemi e le aziende interessate a costruire un portafoglio solido di investimenNino Gavioli 2021 Marzo / Aprile 55 schio la fornitura alimentare di una popolazione globale che si prevede raggiungerà i 9 miliardi di persone entro il 2050. La maggior parte della carne, del latte e delle uova consumati proviene da sole 40 tipologie di bestiame, con la diversità che diminuisce gradualmente in ogni specie. Oltre la metà delle risorse ittiche ha raggiunto il limite della sostenibilità, ponendo un rischio simile alle comunità che dipendono dagli oceani per la loro sussistenza. Secondo il World Economic Forum, arrestare la perdita di biodiversità richiederà una trasformazione radicale in tre sistemi socio-economici principali, che rappresentano oltre un terzo dell’economia globale e forniscono fino a due terzi di tutti i posti di lavoro.

Si tratta di: segmento alimentare e utilizzo di acque e terreni; infrastrutture e ambiente edificato; attività estrattive ed energia. Insieme, questi segmenti mettono in pericolo quasi l’80% di tutte le specie minacciate e prossime alla minaccia. Ecco perché questi sistemi hanno una grande opportunità, ma anche responsabilità, di invertire il degrado ambientale. Inoltre, abbracciare rapidamente questa trasformazione può offrire enormi benefici». Perché sarà importante per gli investitori? La risposta dell’asset manager è «che il ripristino degli ecosistemi sarà verosimilmente alimentato da massicci investimenti e creerà numerose opportunità di business. Molti governi hanno già incluso misure di ripresa “green” nei loro pacchetti di rilancio post-crisi, ad esempio sotto forma di incentivi, prestiti o sgravi fiscali per i trasporti ecosostenibili, l’economia circolare e le attività di ricerca, sviluppo e adozione di energie pulite. Il prossimo passo sarà uno spostamento dell’equilibrio dalla spesa poco sostenibile a quella “green” per incentivare ulteriormente pratiche e risultati rispettosi dell’ambiente. Le misure di ripresa incentrate sull’ecologia dovrebbero includere nuovi finanziamenti e programmi per creare posti di lavoro e stimolare l’attività economica con il ripristino degli ecosistemi, il controllo delle specie aliene invasive e la conservazione delle foreste.

Oggi sarebbero oltre mille le aziende globali già impegnate nel ripristino degli ecosistemi acquatici, terrestri e urbani». ti sostenibili e a impatto; promuovere lo scambio di conoscenze sugli aspetti politici, economici e biofisici che funzionano e perché, e su come accelerare il ripristino su ampia scala; connettere le iniziative di successo nella stessa zona, regione o tematica per aumentare l’efficienza e l’impatto positivo; coinvolgere un più ampio spettro di stakeholder, soprattutto dai settori generalmente meno impegnati, dimostrando l’importanza del ripristino degli ecosistemi per la conservazione e la generazione di benefici sociali ed economici. Perché il ripristino degli ecosistemi necessita di una trasformazione economica? Spiegano da Bnp Paribas Am: «L’Onu stima che i danni agli ecosistemi, comprese foreste, praterie e barriere coralline, e la relativa perdita di biodiversità, potrebbero costare all’economia globale circa 10mila miliardi di dollari entro il 2050. Le perdite sarebbero ascrivibili, tra gli altri fattori, al calo dei raccolti e della pesca, nonché a una maggiore esposizione alle inondazioni e ad altri disastri naturali.

Una ricerca dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha rivelato che la maggior parte della produzione alimentare mondiale deriva ora da meno di 200 specie di piante, con solo nove, tra cui riso, mais e grano a rappresentare i due terzi delle colture mondiali. L’esplosione di nuove malattie in una qualsiasi di queste coltivazioni metterebbe a riI l prossimo 5 giugno, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, verrà inaugurato «Il decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi», che avrà lo scopo di prevenire, arrestare e invertire il degrado degli ecosistemi di tutti i continenti e degli oceani. Insomma, dieci anni per salvare il pianeta. Ma anche, come fa notare Bnp Paribas Asset management, una grande opportunità. «Secondo alcune stime», spiegano gli analisti, citando The Future of Nature and Business, il secondo report della serie New Nature Economy del World Economic Forum, «il ripristino degli ecosistemi potrebbe creare opportunità di business per 6mila miliardi di dollari e richiedere 2mila miliardi di investimenti di capitale entro il 2030». Ripristinare gli ecosistemi, significa, fra le altre cose, ridurre l’inquinamento dell’aria, degli oceani e dell’acqua, migliorare il controllo degli alimenti, trovare alternative ai metodi di trasporto e spedizione, rendere l’agricoltura più sostenibile e prevenire l’erosione dei terreni.

Quali sono gli obiettivi? Il «Decennio» dell’Onu andrà dal 2021 al 2030, che è anche la scadenza ultima per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg). La perdita di biodiversità compromette il conseguimento dell’80% dei target intrinsechi ai Sdg legati a povertà, fame, salute, risorse idriche, zone urbane, clima, oceani e terreni. Gli obiettivi dichiarati dell’Onu sono: avviare iniziative di successo promosse dai governi o da organizzazioni private per fermare il degrado degli ecosistemi e ripristinare quelli già danneggiati; creare collegamenti fra le opportunità e le iniziative di ripristino degli ecosistemi e le aziende interessate a costruire un portafoglio solido di investimenNino Gavioli 2021 Marzo / Aprile 55 schio la fornitura alimentare di una popolazione globale che si prevede raggiungerà i 9 miliardi di persone entro il 2050. La maggior parte della carne, del latte e delle uova consumati proviene da sole 40 tipologie di bestiame, con la diversità che diminuisce gradualmente in ogni specie. Oltre la metà delle risorse ittiche ha raggiunto il limite della sostenibilità, ponendo un rischio simile alle comunità che dipendono dagli oceani per la loro sussistenza.

Secondo il World Economic Forum, arrestare la perdita di biodiversità richiederà una trasformazione radicale in tre sistemi socio-economici principali, che rappresentano oltre un terzo dell’economia globale e forniscono fino a due terzi di tutti i posti di lavoro. Si tratta di: segmento alimentare e utilizzo di acque e terreni; infrastrutture e ambiente edificato; attività estrattive ed energia. Insieme, questi segmenti mettono in pericolo quasi l’80% di tutte le specie minacciate e prossime alla minaccia. Ecco perché questi sistemi hanno una grande opportunità, ma anche responsabilità, di invertire il degrado ambientale. Inoltre, abbracciare rapidamente questa trasformazione può offrire enormi benefici». Perché sarà importante per gli investitori? La risposta dell’asset manager è «che il ripristino degli ecosistemi sarà verosimilmente alimentato da massicci investimenti e creerà numerose opportunità di business. Molti governi hanno già incluso misure di ripresa “green” nei loro pacchetti di rilancio post-crisi, ad esempio sotto forma di incentivi, prestiti o sgravi fiscali per i trasporti ecosostenibili, l’economia circolare e le attività di ricerca, sviluppo e adozione di energie pulite.

Il prossimo passo sarà uno spostamento dell’equilibrio dalla spesa poco sostenibile a quella “green” per incentivare ulteriormente pratiche e risultati rispettosi dell’ambiente. Le misure di ripresa incentrate sull’ecologia dovrebbero includere nuovi finanziamenti e programmi per creare posti di lavoro e stimolare l’attività economica con il ripristino degli ecosistemi, il controllo delle specie aliene invasive e la conservazione delle foreste. Oggi sarebbero oltre mille le aziende globali già impegnate nel ripristino degli ecosistemi acquatici, terrestri e urbani». ti sostenibili e a impatto; promuovere lo scambio di conoscenze sugli aspetti politici, economici e biofisici che funzionano e perché, e su come accelerare il ripristino su ampia scala; connettere le iniziative di successo nella stessa zona, regione o tematica per aumentare l’efficienza e l’impatto positivo; coinvolgere un più ampio spettro di stakeholder, soprattutto dai settori generalmente meno impegnati, dimostrando l’importanza del ripristino degli ecosistemi per la conservazione e la generazione di benefici sociali ed economici. Perché il ripristino degli ecosistemi necessita di una trasformazione economica?

Spiegano da Bnp Paribas Am: «L’Onu stima che i danni agli ecosistemi, comprese foreste, praterie e barriere coralline, e la relativa perdita di biodiversità, potrebbero costare all’economia globale circa 10mila miliardi di dollari entro il 2050. Le perdite sarebbero ascrivibili, tra gli altri fattori, al calo dei raccolti e della pesca, nonché a una maggiore esposizione alle inondazioni e ad altri disastri naturali. Una ricerca dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha rivelato che la maggior parte della produzione alimentare mondiale deriva ora da meno di 200 specie di piante, con solo nove, tra cui riso, mais e grano a rappresentare i due terzi delle colture mondiali. L’esplosione di nuove malattie in una qualsiasi di queste coltivazioni metterebbe a rischio la fornitura alimentare di una popolazione globale che si prevede raggiungerà i 9 miliardi di persone entro il 2050. La maggior parte della carne, del latte e delle uova consumati proviene da sole 40 tipologie di bestiame, con la diversità che diminuisce gradualmente in ogni specie. Oltre la metà delle risorse ittiche ha raggiunto il limite della sostenibilità, ponendo un rischio simile alle comunità che dipendono dagli oceani per la loro sussistenza.

Secondo il World Economic Forum, arrestare la perdita di biodiversità richiederà una trasformazione radicale in tre sistemi socio-economici principali, che rappresentano oltre un terzo dell’economia globale e forniscono fino a due terzi di tutti i posti di lavoro. Si tratta di: segmento alimentare e utilizzo di acque e terreni; infrastrutture e ambiente edificato; attività estrattive ed energia. Insieme, questi segmenti mettono in pericolo quasi l’80% di tutte le specie minacciate e prossime alla minaccia. Ecco perché questi sistemi hanno una grande opportunità, ma anche responsabilità, di invertire il degrado ambientale. Inoltre, abbracciare rapidamente questa trasformazione può offrire enormi benefici». Perché sarà importante per gli investitori? La risposta dell’asset manager è «che il ripristino degli ecosistemi sarà verosimilmente alimentato da massicci investimenti e creerà numerose opportunità di business. Molti governi hanno già incluso misure di ripresa “green” nei loro pacchetti di rilancio post-crisi, ad esempio sotto forma di incentivi, prestiti o sgravi fiscali per i trasporti ecosostenibili, l’economia circolare e le attività di ricerca, sviluppo e adozione di energie pulite. Il prossimo passo sarà uno spostamento dell’equilibrio dalla spesa poco sostenibile a quella “green” per incentivare ulteriormente pratiche e risultati rispettosi dell’ambiente. Le misure di ripresa incentrate sull’ecologia dovrebbero includere nuovi finanziamenti e programmi per creare posti di lavoro e stimolare l’attività economica con il ripristino degli ecosistemi, il controllo delle specie aliene invasive e la conservazione delle foreste. Oggi sarebbero oltre mille le aziende globali già impegnate nel ripristino degli ecosistemi acquatici, terrestri e urbani».

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