Crisi alimentare, inflazione, Cina: lo scenario globale attuale

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Il blocco russo ai porti nel Mar Nero riporta alla memoria l’Holodomor, la grande carestia che tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933 straziò vaste regioni dell’Ucraina. Le navi colme di grano e ferme nei porti rievocano quella tragedia in quanto rischiano di essere il primo passo verso una seria crisi alimentare.

Come nelle contrapposizioni cromatiche ne “I Bari” di Caravaggio, anche l’attuale scenario economico globale è caratterizzato da tinte chiaro scure e i tre personaggi impegnati nel gioco della Primera, antenato nel poker, evocano una sorta di “poker” nelle tinte scure del quadro economico globale.

La prima carta della mano di poker è la crisi alimentare provocata dalla guerra: assieme alla crescita debole e ai più alti tassi di interesse sta facendo sperimentare ai mercati emergenti uno dei peggiori momenti degli ultimi decenni. Dall’inizio dell’anno sono usciti dai fondi comuni e ETF specializzati nelle economie emergenti quasi 36 trilioni di dollari, le performance degli indici azionari e obbligazionari sono state tra le peggiori degli ultimi vent’anni.

Carlo Benetti Gam crisi alimentare
Carlo Benetti, Market Specialist Gam

La seconda carta è la Cina. Il governo è impegnato nella gestione di una delle fasi più acute della diffusione del virus da quando è cominciata la pandemia, le severe misure di quarantena imposte dalla politica della “Zero Covid 19” sembrano aver ragione con molta lentezza della più trasmissibile variante omicron. Dopo quasi due mesi di isolamento inefficiente e brutale, a Shanghai e nelle altre città in lockdown si sta incrinando la fiducia dell’opinione pubblica nella leadership che impone la tolleranza zero.

Il blocco dei porti, conseguenza dei severi lockdown, sta imponendo anche ingenti costi economici. L’obiettivo non è più il 5,5% indicato a inizio anno ma una crescita almeno sopra lo zero, un ridimensionamento necessario “basato sulla realtà” ha detto il premier cinese, Li Keqiang. Parole che danno maggiore evidenza alle difficoltà di Xi Jinping: la crescita economica è l’ingrediente indispensabile per conservare il sostegno dell’opinione pubblica e, soprattutto, per conquistare l’ambizioso obiettivo della terza conferma a presidente.

Poi naturalmente c’è la carta degli Stati Uniti, dove l’attenzione si concentra sulla Federal Reserve. Lo stimolo fiscale che alcuni economisti, Larry Summers su tutti, hanno sempre ritenuto eccessivo ha preservato l’economia americana dal disastro ma il denaro messo nelle tasche degli americani l’ha fatta correre troppo. Colta di sorpresa dalla velocità e dall’ampiezza dell’aumento dell’inflazione, la Federal Reserve è corsa ai ripari inasprendo bruscamente la politica monetaria.

Powell ha recentemente ribadito che la banca centrale continuerà ad alzare i tassi di interesse fino a quando non ci saranno prove “chiare e convincenti” che l’inflazione stia invertendo verso il livello desiderato del 2%. I verbali dell’ultima riunione della Fed però, ecco un primo elemento di contrasto con la parte scura del quadro, rivelano la consapevolezza dei banchieri centrali del sentiero stretto in cui dovranno avanzare, tra l’urgenza del contrasto all’inflazione e nello stesso tempo allontanare i rischi di recessione.

È probabile che i prossimi aumenti saranno nell’ordine dei 50 punti base e i mercati confidano che, nell’arco di qualche mese, le attuali condizioni andranno attenuandosi. L’ultima carta di questo malsana mano di poker è l’Europa, dove l’inflazione comincia a farsi sentire nei bilanci delle famiglie. Da questa parte dell’Atlantico l’inflazione non è dovuta al surriscaldamento della domanda ma ai prezzi dell’energia.

Con +7,4% di inflazione in aprile, i prezzi crescono più rapidamente dei redditi, una contrazione dei consumi è nelle carte e una recessione tecnica probabile. Ma, come detto sopra, nello scenario globale ci sono anche le luci. L’Outlook del Fondo Monetario pubblicato poche settimane fa non è incoraggiante ma alla fine del secondo capitolo c’è un breve, interessante “box” di approfondimento.

L’argomento è l’eccesso di risparmio accumulato nelle fasce di reddito più alte della popolazione mondiale. Negli ultimi decenni ingenti somme di denaro nei paesi emergenti più grandi hanno alimentato l’accumulo di risparmio e contribuito agli avanzi delle partite correnti. “L’aumento dell’offerta netta di risparmio” scrivono gli economisti “esercita una pressione al ribasso sul tasso di interesse naturale”, una considerazione che corrobora l’ipotesi di crescita modesta nel lungo termine.

Un’altra fonte di luce nello scenario sono i consumi americani. La seconda lettura del PIL degli Stati Uniti nel primo trimestre ha segnato un lieve peggioramento rispetto alla prima stima (-1,5% rispetto al precedente -1,4% e l’atteso -1,3%), ma il dato confortante è stato la tenuta dei consumi personali, aumentati in aprile dello 0,9% rispetto al mese precedente, meglio dell’atteso 0,7%.

In conclusione, mentre il re-pricing degli asset rischiosi prosegue e l’incertezza di mercato rimane alta, sembra che il mercato stia cercando segnali di stabilizzazione, punti di appoggio sui quali costruire ripartenze. Il rischio più forte che vediamo sui mercati si nasconde nei possibili errori di policy delle banche centrali. Tuttavia, livelli di sentiment così bassi aprono a interessanti possibilità di recupero nel medio termine; in alcuni settori, ad esempio la tecnologia, il rendimento teorico atteso è tra i più alti degli ultimi anni.

Commento a cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR

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