Mercati obbligazionari
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Mercati obbligazionari sulle montagne russe

Dopo un inizio anno favorevole ai settori value, abbiamo assistito da inizio marzo all’ennesima rotazione verso il growth, malgrado proseguisse la tendenza al rialzo dei rendimenti dei mercati obbligazionari. Negli ultimi giorni, però, l’ulteriore accelerazione della Fed su aumento tassi e riduzione del bilancio, ha smorzato l’entusiasmo degli investitori. È stato solo un bear market rally?

Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR
Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR

La discesa dei mercati obbligazionari si è intensificata in quest’ultima settimana causando una forte correzione anche sui listini azionari. Gli investitori hanno iniziato a riposizionarsi per attutire le conseguenze della stretta monetaria da parte della Fed dopo che il governatore Lael Brainard ha dichiarato che la banca centrale americana inizierà a tagliare rapidamente i suoi bilanci già a partire dal prossimo mese di maggio. Le minute pubblicate mercoledì hanno confermato il piano di riduzione da 1000 miliardi l’anno, ovvero circa 90 miliardi al mese, e la possibilità che ci siano almeno due ritocchi da 50 punti base. Gli operatori ora prevedono che i tassi raggiungano il 2,5% entro fine 2022. Se così fosse, sarebbe la più grossa stretta monetaria dal 1994, l’anno nero dei bond. Il rendimento del Treasury decennale ha velocemente superato il 2,6%, tornando ai livelli toccati nel 2018 e 2019. I mercati azionari, che da metà marzo avevano iniziato una interessante fase di recupero, immuni anche al trend di aumento dei rendimenti, hanno subito il colpo.

Nelle ultime settimane avevamo assistito all’ennesima rotazione settoriale dai settori value verso i growth, in particolare le mega cap americane del comparto tecnologico, segno che il mercato cominciava prezzare un possibile rallentamento economico che avrebbe favorito nuovamente i titoli ad alta crescita e penalizzato i ciclici. Ora però si inizia a temere che la Fed, questa volta, prosegua sulla strada della normalizzazione dei tassi senza badare troppo alle conseguenze sui listini. Con un mercato del lavoro ritornato quasi ai livelli pre-pandemia e bilanci delle società in buona salute, la priorità è cercare di arginare la crescita dei prezzi arrivata ai massimi da 40 anni. Se a questo aggiungiamo la riduzione dei buyback dovuta all’aumento dei costi di finanziamento, è possibile che nei prossimi mesi la volatilità sui mercati resti elevata. Malgrado le stime per la crescita economica globale nel 2022 siano state recentemente riviste al ribasso, l’OECD è passata dal +4,5% di fine 2021 al +3,5% attuale, per il momento una fase recessiva non è nelle carte. Con la nuova stagione delle trimestrali alle porte, avremo un quadro più chiaro, in particolare sulla guidance per i prossimi trimestri. Le valutazioni al momento sono interessanti, anche perché le stime degli analisti sulla crescita degli utili restano positive, e l’attuale fase di consolidamento dei listini potrebbe fare da base per la ripresa del trend rialzista una volta metabolizzato il nuovo contesto monetario.

Commento a cura di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR

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